La storia della Villa si intreccia con mille e altre storie vissute nelle campagne del territorio settempedano. Storie di pace ma anche storie di guerra. Storie che raccontano un periodo molto buio, come quello vissuto a cavallo tra il 1943 e il 1944. Pagine che oggi sembrano a noi sbiadite ma che furono scritte, come ci ricordano gli storici locali, da quel tributo di sangue che costò il sacrificio di molte vittime umane. “Il sangue – scrive Raoul Paciaroni nel suo libro “Una lunga scia di sangue”, dato alle stampe dopo oltre un lustro di ricerche – divenne l’unico denominatore comune di esistenze più o meno giovani finite per essere stroncate in nove mesi di guerra. Partigiani, italiani, slavi, africani, militi della G.N.R., soldati sbandati, spie, fascisti, civili innocenti, tedeschi, alleati, donne e bambini: tutti uniti dalla morte che hanno condiviso dall’8 settembre 1943 al 1 luglio 1944, giorno della Liberazione. E, purtroppo, anche oltre, in mesi se non anni successivi dove gli “effetti collaterali” della guerra finita lasciarono sul campo tanto altro sangue. Si sono contati più di cento morti in quei nove mesi nel sanseverinate. Vincitori e vinti, fascisti e patrioti, civili e militari”.
Poche sono le pagine ufficiali che narrano di quanto accadde in Villa, moltissimi i racconti della gente del posto. Spesso si tratta di racconti tramandati a voce da padre in figlio, da nonno a nipote. Dalle ricostruzioni emerge che durante la seconda guerra mondiale La Villa fu sicuramente presidiata da ufficiali tedeschi. In quest’ambiente forse si studiavano tattiche, si programmavano azioni. Ma gli ufficiali utilizzarono gli ampi spazi a disposizione, in particolare quelli del piano nobile e delle cantine, anche per altro. Come per feste e per serate mondane. Qui talvolta le truppe arrivavano per rifornirsi di generi di prima necessità. Sembra, infatti, che la grande cantina venisse utilizzata come deposito. Per i tedeschi, sono i racconti della gente del posto a riferirlo, qui era stato aperto un vero e proprio “spaccio”. Per i contadini della zona dovevano essere comunque momenti non facili quelli a cavallo tra il 1943 e il 1944, e poi negli anni successivi. La presenza dei tedeschi non portava certo serenità, in particolare durante il conflitto. Anche perché nelle campagne settempedane la Resistenza era molto partecipata e particolarmente organizzata. E queste due situazioni non potevano convivere.
Furono mesi lunghi, quasi infiniti, pare di capire. Fortunatamente poi arrivò la Liberazione e quel lungo periodo di pace che è giunto fino ai nostri giorni. Non tutti sono a conoscenza però di un piccolo segreto che salvò, in qualche modo, il tesoro custodito di questa storica dimora eretta dalla famiglia Coletti. All’interno della Villa, infatti, per evitare che i tedeschi, ma anche i ladri e i malintenzionati, approfittassero del momento per depredarla di quadri, mobili d’antiquariato e di altri oggetti di valore rimasti intatti e ben conservati negli anni, venne creata una vera e propria stanza segreta che restò per moltissimo tempo sconosciuta ai più. E che fu utilizzata durante, ma anche dopo, la guerra. Sembra che proprio qui i proprietari avessero nascosto molte cose di valore prima di chiudere quella segreta stanza con un muro fatto di mattoni. Un muro che celò alla vista di militari e ladruncoli un vero e proprio ben di Dio per un tempo che sembrò anch’esso infinito. Quanto in essa custodito restò di certo segretamente nascosto. E per questo, forse, finì per salvarsi. Quella buia stanza resta ancora oggi segreta. Quadri e mobili sono stati tirati fuori e rimessi al loro posto ma si racconta che almeno in un altro paio di occasioni i proprietari riutilizzarono la stanza, dovendosi assentare per lunghi periodi da casa. Il nascondiglio segreto è tornato così, nel tempo, a fare il lavoro per il quale era nato: nascondere un tesoro. Un tesoro che probabilmente solo così si è potuto salvare per arrivare fino ai nostri giorni. Quel mobilio, infatti, oggi è l’originario arredamento della Villa.